domenica 13 aprile 2014

PUNTO E CROCE di PAOLO IL MAGLIARO


Punto e Croce 5


Michele di Piedi (omen nomen), palermitano, classe 1980, nella sua carriera, ha giocato in venti squadre di calcio diverse, dagli esordi nello Sheffield Wednesday, al Sora, al Doncaster, al Nuoro dove ha realizzato il massimo dei gol in un campionato, venti, al Sapri, al Cittanova Interpiana, al Tauras (Lituania), all'Apoel Nicosia, fino ad oggi nel Nay Piy Taw (Birmania). Per due mesi ha giocato in prestito dallo Sheffield, anche all'Odd Grenland, Norvegia. Insomma, uno che ha mostrato un elevato grado di adattamento all'ambiente, paragonabile a quello di darwiniana memoria. Lui stesso, intervistato, ha espresso questo concetto, lamentandosi addirittura di trovarsi meglio, come mentalità, all'estero, un estero qualsiasi, piuttosto che nei confini nazionali, a testimonianza che dall'Italia non fuggono solo i cervelli, ma anche i (di) piedi. A fronte e in relazione a questa varietà di esperienze professionali e capacità di confrontarsi con l'ignoto, Sam Empicpack dell'Università di Cracovia, ha intervistato i deportivisti in merito al luogo prescelto per la pizza post partita (ppp) ponendo loro una domanda a risposta multipla nella quale dovevano indicare il locale in cui avrebbero preferito consumare il prossimo esercizio di pasteggio e commenti calcistici. La risposta è stata posta in modo che potessero scegliere tra un luogo già conosciuto e apprezzato, XLarge, uno poco frequentato, il Podista ed un altro inventato, La Mosca Ciarliera. Il 91,3% ha scelto XLarge, il 7,7% ha scelto il Podista e solo il restante 1% si è pronunciato per lo sconosciuto La Mosca Ciarliera. Studiando questi dati l'Empicpack  ha ricondotto il mondo deportivista, alle isole Galapagos dove la mancanza di scambi con altri ecosistemi non ha prodotto evoluzioni nelle specie, ma ha conservato quelle presenti: calciatori acciaccati e litigiosi. Le uniche notizie di contaminatio, risalgono alla partecipazione ad un torneo in cui si confrontarono con altre specie ormai estinte anche loro, o in qualche sporadica uscita fuori porta in terre lontane in occasioni simili a quelle in cui la glaciazione temporaneamente collegò terre ora e per sempre separate; anche gli innesti, antichi e recenti, giovani o anziani, sono stati subito deportivizzati. Questa clausura riflessa ed amplificata dagli stessi avversari anche loro autoinseminati, ha fatto sviluppare sociologicamente, antropologicamente, biologicamente un habitat assai singolare, autarchico, dove la cicoria ha il sapore del caffè, la Sambuca quello della grappa barricata millesimata e quattro passaggi e due tiri in porta, l'epica dello scontro tra il bene e il male (dimenticate il divertimento). Sia chiaro, non ho nulla contro l'autosufficienza, così come contro le pratiche onanistiche, da osservatore e giornalista mi limito a registrare una situazione certamente singolare e degna di cronaca. La scienza in questo, è imparziale. Lasciatemi solo dire che in questi tempi in cui le cose evolvono quasi sempre al peggio, un'oasi di sano conservatorismo, potrebbe essere una speranza, una banca dei semi da ripiantare quando i tempi torneranno migliori. Il Depo una congrega di senza speranza o una speranza per il futuro?