Vecchi tempi
di Paolo il Magliaro
Nella dolce serata di martedì
21 giugno 2016, il Depo ha concluso la sua stagione. Tempus edax rerum. Il
tempo divora ogni cosa, dicevano i latini e la vittoria di questo campionato ha
fatto dimenticare la sconfitta dell’edizione precedente. Tempo di bilanci,
tempo di confronti. Come ricordava giustamente il mister Labernardini, quest’anno
c’è stato un tempo per disperarsi e un tempo per gioire. Un tempo per
distruggere ed un tempo per ricostruire. La partenza rovinosa in un torneo
ufficiale, è stata riscattata da una brillante cavalcata che ha consentito alla
squadra di vincere il torneo con cinque turni di anticipo. Il tempo ha dato
ragione al Mister. Ma l’accumularsi delle vittorie, non ha impedito lo sviluppo
di un tempo anche per le polemiche che hanno scosso trasversalmente le
coscienze, lasciando segni indelebili nella ragnatela di amicizie e sentimenti
di ognuno. Senatori, carammelari, calzini tagliati, irlandesi e ternani, hanno
aspramente dibattuto sulla capacità di ognuno a giocare il calcio. E a
proposito di polemiche, c’è stato anche un tempo relativo alla presenza in
campo: per chi è rimasto e mai scomparso/per chi è apparso e poi scomparso/per
chi è comparso solo alla fine/per chi non è mai scomparso, ma non è mai
apparso. Segmenti di presenze a volte inquietanti a volte sconcertanti.
Giocatori di carne ed altri come fantasmi, quest’ultimi sovente presenti anche in
campo. Diceva Dostoevskij, ogni uomo avrà raggiunto la felicità, quando il
tempo non ci sarà più. Ma il tempo per il Depo ci sarà sempre perché altrimenti
non si potrebbero stilare calendari, elenchi di marcatori o elenchi di
presenze. E quindi non saranno mai felici? Non proprio. Il dopolavorismo della
congrega presuppone altri ambiti oltre il calcio: vigili, mutandari,
tornellisti, elettricisti e secondini potranno trovare la felicità in una
professione oltre il Depo, dove il tempo scompare in obbligate coazioni a
ripetere lo stesso gesto milioni di volte. Fischiare. Viaggiare. Dormire.
Spiare. Inchiavardare. Destini fissati ad un centro dove tutto ruota, ma nulla
avanza. Felicità immobili, senza tempo, appunto. Ma una legge universale
incombe su tutti questi fenomeni umani e nessuno ne risparmia: per tutti,
felici o incazzati. E felici o incazzati, da quaranta a quarantuno, da
cinquantuno a cinquantadue, da cinquantasei a cinquantasette, per tutti, tempus
fugit. Vola, s’alza, si perde e non torna più. Cena finale. Brindisi. Coppa
alzata o lasciata sulle cabine dell’Acea. I campioni siamo noi! I campioni
siamo noi!
All’anno prossimo Depo! e se
il tempo fugit, ‘sti cazzi. Carpe diem.
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